Intervista a Gianluca Bruna, consigliere della Cooperativa DSP di Ciriè

Con l’articolo di oggi inauguriamo una nuova categoria: Voce alle Coop. In questa nuova categoria raccoglieremo le interviste alle Cooperative, daremo loro voce per farci raccontare il loro sogno cooperativo, come lo stanno realizzando, perché hanno scelto la forma della cooperativa, ecc.
In questo primo articolo / intervista ospitiamo la “Società Cooperativa Sociale – Dalla Stessa Parte” che opera in provincia di Torino, a Ciriè. Ho avuto il piacere di “chiacchierare” con Gianluca Bruna, consigliere della cooperativa, Progettista di organizzazioni per l’inserimento lavorativo, Responsabile di Sistemi Qualità aziendali. Bando agli indugi e cominciamo con l’intervista.

Danilo. Buongiorno, innanzitutto volevo ringraziarla a nome di cooperativonline.it per la disponibilità a partecipare a questa intervista. Passerei subito alla prima domanda: ci può presentare lei e la sua cooperativa?
Gianluca. Buongiorno, grazie a voi per questa opportunità di poter parlare della cooperativa in cui lavoro. Mi chiamo Gianluca Bruna, attualmente sono consigliere di amministrazione e mi occupo sostanzialmente di tre cose: di progettazione sociale, cioè dei progetti e dei bandi, di sistemi qualità, cioè del sistema qualità aziendale e di quelli di altre imprese cooperative vicine a noi e come terza cosa mi occupo, anzi mi occupavo in quanto adesso ho lasciato a Emanuela Fato questo settore, di politiche attive del lavoro: tutti i nostri progetti sono bene o male finalizzati all’inserimento lavorativo, fare un progetto (che è l’area principale di cui mi occupo) vuol dire immaginare una organizzazione aziendale che si tramuta in un sistema di qualità funzionante, efficace, efficiente per realizzare un obbiettivo imprenditoriale. Io sono arrivato in cooperativa nel 1985 come obbiettore di coscienza, sono rimasto in cooperativa al termine dei 26 mesi di servizio civile che ho svolto. Di li prima ho messo in piedi il laboratorio di assemblaggio e collaudo componenti e poi via via son passato a fare altre cose man mano che le esigenze della cooperativa richiedevano altro.
Tornando alla cooperativa, “Dalla Stessa Parte” è una sociale di tipo B di inserimento lavorativo. Nasce nel 1983 a Ciriè sulla spinta di un’associazione di advocacy (ovvero associazione finalizzata a dare voce agli svantaggiati) che decise di fare qualcosa di più concreto. Nacque inizialmente come un’attività artigianale di lavorazione del cuoio, ha poi pian piano sviluppato diversi settori produttivi per andare in contro alle competenze e alle capacità residue delle persone con disabilità che facevano parte di questa associazione e che via via si sarebbero poi avvicinati alla cooperativa.
La diversificazione delle attività è sempre stata motivata non tanto da ragioni di mercato quanto dal dare una possibilità a ciascuno in funzione delle proprie capacità. Dal 1983 ad oggi ha sviluppato diversi settori, ha come attività principale l’attività laboratoriale di assemblaggio componentistica, confezionamento e collaudi a cui si sono aggiunte le attività di manutenzione aree verdi e di manutenzione di arredi e strutture pubbliche per conto di amministrazioni locali. E’ partita da poco un’attività di apicultura che è inserita in una preesistente fattoria sociale: per fattoria sociale si intende un’attività agricola finalizzata anche qui non tanto e non principalmente alla produzione per la vendita quanto allo sviluppo di competenze agricole per far star bene persone con problematiche di disabilità soprattutto mentali ed intellettive. Parlando del nostro “target”, come dicevo siamo partiti rivolgendoci a persone con disabilità ed a persone con disagio psichico; con l’andare del tempo, proprio perché il nostro focus è sull’inserimento lavorativo, abbiamo ampliato i nostri orizzonti fino a ricomprendere nei beneficiari persone con vario disagio sociale, disoccupati di lungo periodo e ultimamente anche migranti e richiedenti asilo. Concludo dicendo che in tutte le attività che noi gestiamo ci occupiamo di integrazione socio-lavorativa, di far star bene le persone nella relazione con i loro colleghi di lavoro e con la rete degli attori sociali che hanno intorno e, grazie a Emanuela, inserire le persone che cercano lavoro o al nostro interno oppure in aziende esterne tramite interventi di politica attiva.



D. Grazie, è stato molto esaustivo. Passerei alla seconda domanda: “Perché ha scelto, forse nel suo caso perché a suo tempo è stata scelta la cooperativa e non un’altra forma societaria?”
G. In effetti quando è stata costituita la cooperativa io ero proprio agli inizi della mia carriera lavorativa. Ho comunque seguito e vissuto questo iter perché, prima di far servizio civile ho seguito come volontario, attraverso il gruppo scout, l’evoluzione dell’associazione di advocacy di cui ho parlato prima. La scelta sostanzialmente è ricaduta sulla cooperativa perché ai quei tempi, parliamo dei primi anni 80, era l’unica forma societaria che garantisse una testa un voto, che garantisse cioè una compartecipazione organizzativa, diciamo così politica e affettiva, di appartenenza delle persone. Siamo nati come cooperativa di solidarietà perché non esistevano ancora le cooperative sociali. poi quando nel 1991 è nata la Legge 381, che ha istituto le cooperative sociali, ci siamo immediatamente trasformati. Come dicevo, era l’unica forma che ci desse la garanzia che quella democraticità, quella partecipazione tipica dell’associazione venisse mantenuta anche nella struttura imprenditoriale.

D. Mi è piaciuta molto quest’ultima frase, grazie. Passiamo alla terza domanda: “Siete soddisfatti di aver scelto la cooperativa? Rifareste questa scelta?”
G. Premesso che io non so cosa avessero in mente i padri fondatori quando scelsero di costituirsi in cooperativa, oggi siamo pienamente soddisfatti ed io personalmente la rifarei di sicuro anche perché con orgoglio posso dire che, basandomi sulla storia della cooperativa, è stato un pensiero di successo: esistiamo da 35 anni, ci siam sempre caratterizzati per l’innovazione, pur essendo piccoli, per portare molta teoria, molta metodologia, molta innovazione. Emanuela per esempio è un altro frutto di questo pensiero perché lei è molto molto brava, ha fatto suoi i principi che abbiamo cercato di perseguire in tutti questi anni con lo sguardo sempre rivolto al futuro. Sono convinto che i padri fondatori di cui parlavo prima rifarebbero questa scelta perché funziona: con tutti i limiti delle cose umane, la cooperazione è un bel modo di fare impresa.

D. Grazie, un altro bello spunto di riflessione: “la cooperazione è un bel modo di fare impresa”. Idee e progetti per il futuro?
G. Ecco, in realtà, un po’ di futuro è già qua nel senso che noi, come dicevo, stiamo lavorando molto sull’apicultura e sui migranti che, visti fuori dallo stretto sguardo imprenditoriale, sono due enormi emergenze del nostro mondo, della nostra società: le migrazioni e il deterioramento ambientale.
Riguardo al deterioramento ambientale: le api sono un elemento fondamentale, un marcatore della qualità dell’ambiente. Occuparsi di api in questo momento, anche se tutto sommato in Italia non ce ne accorgiamo molto, è importante soprattutto perché in altre parti del mondo questo “disturbo” del comportamento delle api, che le fa morire in una percentuale altissima, sta creando enormi problemi all’ambiente e sono segno che soffre molto. Quindi ci occupiamo delle api perché vogliamo occuparci dell’ambiente, della terra dove viviamo e non solo per produrre miele
Dei migranti, invece, ce ne occupiamo perché, oltre ad essere persone che fuggono da realtà inimmaginabili, siamo convinti che le migrazioni siano la grande difficoltà di questa epoca. Non è una cosa eccezionale, le migrazioni sono quello che influenzerà i prossimi 50 anni: o noi riusciamo ad integrare e riusciamo a far si che questo esodo possa avere un effetto positivo sul nostro mondo oppure i rischi sono molto alti.
Quindi cerchiamo di fare innovazione in quei due campi dove c’è veramente un’emergenza, chiamiamola così, sociale: emergenza non vuol dire allarme o allarmismo ma vuol dire qualcosa di nuovo che emerge e che ha bisogno di attenzione e di impegno. Nel fare questo, ovviamente, non perdiamo di vista l’ inserimento lavorativo di persone come non perdiamo di vista il lavorare sulle competenze e sull’empowerment delle capacitazioni, mi riferisco al quadro ideale, metodologico tracciato da Nussbaum e Sen (http://www.treccani.it/enciclopedia/capacitazione_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/) che parla appunto delle capacitazioni: lavoriamo sulle capacitazioni delle persone per favorire i funzionamenti, cioè le libertà di agire da parte delle persone.

D. Basandosi sulla sua esperienza, consiglierebbe a chi ci legge di costituire una cooperativa? Perché?
G. Assolutamente si, la consiglierei! Perché? Perché, siccome i capi perfetti e illuminati non esistono oppure si “deteriorano” in fretta, la democrazia di una cooperativa è la formula che valorizza al massimo l’apporto di tutti, l’intelligenza di tutti. In una forma cooperativa, in realtà anche in altre forme di impresa ma il protagonismo di qualcuno in qualche modo inficia questa cosa, possono essere valorizzate, ad esempio, l’intelligenza mia che sono 30 anni che sono li, quella di Emanuela che è arrivata da 6 mesi, la capacità empatica di un ragazzo magari disabile che non sa dare altro che la sua motivazione, e così via. In un’impresa normale è difficile, la cooperativa secondo me lo permette. Certo le persone che sono dentro una cooperativa, devono saperlo e volerlo. Ecco.

D. Bene, grazie. Siamo arrivati alla fine di questo percorso insieme. Concluderei chiedendole se vuole aggiungere qualcosa rispetto a tutto ciò che ha detto finora.
G. Si, potrei chiudere con un concetto che sembra un po’ uno slogan (ne abbiamo fatto anche un articolo su linkedin): “quando pensiamo al successo pensiamo “tre D più F”) è una cosa che ripeto spesso anche a mio figlio e significa: “Doti”, “Dedizione” e “Disciplina” (le tre D) più “Fortuna” (la F). Ecco, io credo che questo valga anche per la cooperativa: le DOTI sono quelle dei propri soci che “apportano” alla cooperativa, la DEDIZIONE è la motivazione dei soci e la DISCIPLINA invece rappresenta l’organizzazione aziendale (vuol dire processi ben fatti, ecc.) E infine, non guasta mai, ci vuole la fortuna. Solo la fortuna non basta, si esaurisce in fretta! Solo con le tre D, invece, ci si mette molto, molto tempo a raggiungere buoni risultati. Questo concetto mi sembra che valga sia per le persone ma, come dicevo, anche per le imprese, soprattutto per le cooperative.

D. Ottimo grazie. Mi sembra che come primo “esperimento” sia andata benissimo, mi piace molto la chiarezza con cui ci ha raccontato la sua esperienza, il suo lavoro, la sua cooperativa. Spesso, mentre l’ascoltavo, mi immaginavo ciò che mi stava raccontando e credo che sia una spia di quanto ami il suo lavoro. Auguro buona fortuna a lei, ai suoi soci e a tutti coloro che vivono, lavorano e collaborano con voi. Speriamo di rincontrarci presto!
G. Grazie a lei della chiacchierata e dell’opportunità che ci ha dato di poter raccontare la nostra esperienza. Un saluto a tutti i lettori.


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